EPISODE 3
GENERE: Thriller, True Crime, Ecologia
EPISODE 3
GENERE: Thriller, True Crime, Ecologia
Le cicale zombie stanno per invadere New York.
Miliardi di “cicale dagli occhi rossi” hanno trascorso 17 anni in gestazione nei sottofondi.
Questi insetti, chiamati “Brood X” – neri, arancione e rossi – presto saliranno in superficie.
La scena biblica è attesa intorno a maggio, quando la temperatura media del sottosuolo dovrebbe assestarsi sui 18 gradi.
Ci sono 15 diversi tipi – o covate – di cicala, il che significa che ogni anno un tipo diverso emerge da qualche parte sulla costa orientale degli Usa.
L’ultima volta è stato nel 2004, principalmente a Long Island.
Sono innocue, ma il rumore che creano è quasi assordante.
Il suono collettivo delle cicale maschi che chiamano le femmine può raggiungere i 100 decibel, un suono simile a quello prodotto da una Harley-Davidson.
Le popolazioni di insetti si stanno riducendo al 10-20% per decennio.
David Wagner, un entomologo dell'Università del Connecticut, autore dello studio "Global Decline of Insects in the Anthropocene", a cui hanno partecipato 56 ricercatori, scrive: "I principali fattori di stress per gli insetti sono i cambiamenti nell'uso del suolo (in particolare la deforestazione), l'agribusiness, i cambiamenti climatici, la nitrificazione, l'inquinamento e le specie introdotte. Tutti questi fattori agiscono sinergicamente".
Il declino degli insetti è emblematico di un problema più ampio: la terra è nel mezzo della "sesta estinzione di massa". Iil declino degli insetti sta avvenendo più velocemente perché gli insetti sono spesso l'obiettivo diretto della distruzione da parte dell'uomo, a causa dell'uso di pesticidi ed erbicidi.
La trasformazione globale degli ecosistemi, innescando il declino di massa degli insetti, potrebbe spingere la Terra oltre quello che gli scienziati hanno definito un "confine planetario" ovvero: quanto sfacelo causato dall'uomo può sopportare il pianeta?
Secondo un'analisi del 2016, l'integrità biotica è diminuita su almeno il 65% della superficie terrestre, specialmente nelle praterie e nei punti caldi della biodiversità.
Il numero di farfalle monarca occidentali che svernano lungo la costa della California è precipitato ad un minimo record, portando questi meravigliosi insetti arancioni e neri più vicini all'estinzione.
Il conteggio annuale della Xerces Society ha registrato un massiccio calo rispetto le decine di migliaia registrate negli ultimi anni.
Le farfalle monarca occidentali si dirigono a sud dal Pacifico nord-occidentale alla California ogni inverno, tornando negli stessi luoghi e persino negli stessi alberi, dove si raggruppano per riscaldarsi. Sul lato orientale delle Montagne Rocciose, un'altra popolazione di monarca viaggia dal Canada meridionale e dagli Stati Uniti nord-orientali attraverso migliaia di miglia per trascorrere l'inverno nel Messico centrale.
Gli scienziati stimano che la popolazione sia diminuita dell'80% circa dalla metà degli anni '90.
Negli iconici siti nella città di Pacific Grove, i volontari non hanno visto una sola farfalla quest'inverno.
Altri luoghi famosi, come Pismo State Beach Monarch Butterfly Grove e Natural Bridges State Park, hanno ospitato solo poche centinaia di farfalle.
Le farfalle sono a livelli criticamente bassi a causa della distruzione del loro habitat lungo larotta migratoria mentre le abitazioni si espandono nel loro territorio e aumenta l'uso di pesticidi ed erbicidi.
Anche il cambiamento climatico influisce, interrompendo una migrazione annuale di 3.000 miglia (4.828 chilometri) sincronizzata con la primavera e la fioritura dei fiori selvatici. I massicci incendi in tutto l'Occidente degli Stati Uniti lo scorso anno potrebbero aver influenzato la loro riproduzione e migrazione.
Squali e razze (pesci raiformi) stanno scomparendo dagli oceani del mondo a una velocità "allarmante".
Il numero di squali negli oceani aperti è precipitato del 71% in mezzo secolo, principalmente a causa della pesca eccessiva.
Tre quarti delle specie studiate sono ora minacciate di estinzione.
È necessaria un'azione immediata per assicurare un futuro a questi "animali straordinari e insostituibili", dicono i ricercatori.
Tre specie di squali (lo squalo pinna bianca oceanico, lo squalo martello smerlato e il grande squalo martello) sono in pericolo critico - la categoria di minaccia più alta, secondo l'Unione Internazionale per la Conservazione della Natura (IUCN).
Gli squali sono in cima alla catena alimentare e sono fondamentali per la salute degli oceani. La loro perdita ha un impatto su altri animali marini e sui mezzi di sussistenza umani.
"La pesca eccessiva di razze e squali oceanici mette a repentaglio la salute di interi ecosistemi oceanici e la sicurezza alimentare di alcuni dei paesi più poveri del mondo", afferma il professor Nicholas Dulvy della Simon Fraser University della British Columbia, in Canada.
La prima campana a morto suonò 444 milioni di anni fa.
L'estinzione di massa del tardo Ordoviciano, la più antica di tutte e la seconda più letale, ha spazzato via l'85% di tutte le specie marine.
"Durante l'Ordoviciano", afferma Seth Finnegan, un paleobiologo dell'Università della California di Berkeley, "si verifica uno dei più grandi e rapidi eventi di biodiversificazione e anche uno dei più grandi eventi di estinzione di massa".
La maggior parte dell'azione stava ancora avvenendo sotto il mare, dove trilobiti, coralli e altri primordiali abitanti dell'oceano prosperavano come mai in precedenza.
Poi è arrivata la loro fine.
In primo luogo, i ghiacciai hanno inghiottito il Gondwana e il pianeta si è raffreddato. Il livello del mare è precipitato distruggendo vaste distese dell'habitat caldo che ha sostenuto gran parte della vita marina. Poi, i ghiacciai hanno cominciato a sciogliersi, il pianeta si è riscaldato e gli oceani si sono sollevati. La specie che si era appena adattata al freddo ha lottato ancora una volta per evolversi e sopravvivere.
Alcune prove negli ultimi anni puntano il dito anche contro l'attività vulcanica tra le cause del riscaldamento globale inospitale.
04 Giugno 2020
La sesta estinzione di massa è in atto e corre più veloce di quanto ci si aspettasse.
Tra il 2001 e il 2014, dice un’équipe di scienziati della National Autonomous University of Mexico e di altri enti di ricerca, si sono estinte circa 173 specie, 25 volte più di quanto sarebbe accaduto in condizioni 'normali' di estinzione.
E gran parte della colpa è degli esseri umani.
I tassi di estinzione sono stati probabilmente sottostimati. In futuro il fenomeno è destinato ad accelerare ancora, sempre più vertiginosamente.
Il team ha usato dati prelevati dal database della IUCN Red List of Threatened Species, la Lista rossa dell'Unione Internazionale per la Conservazione della Natura istituita nel 1948, per esaminare le popolazioni di vertebrati considerati sull’orlo dell’estinzione, quelli per cui si contano meno di mille esemplari viventi.
L’1,7% di tutte le specie note di vertebrati terrestri (515 in tutto) sono già in estinzione; la metà di loro conta meno di 250 esemplari superstiti.
“Le strette interazioni ecologiche tra le specie a rischio”, scrivono gli scienziati, “tendono a muovere sempre più specie verso la distruzione: è un effetto domino in cui ogni estinzione porta a nuove estinzioni. Circa 273 mila popolazioni sono svanite dal 1900”.
Non è ancora troppo tardi per frenare il fenomeno.
"Bisogna intraprendere subito azioni per ridurre la pressione umana sulla biosfera, imponendo divieti sul commercio di specie selvatiche, rallentando la deforestazione e allargando la definizione di specie criticamente a rischio a quelle con meno 5 mila esemplari".
SIGLA
Uttarakhand, 07 Febbraio 2021
Un boato sordo e continuo.
Un pezzo del ghiacciao dell'Himalaya Nanda Devi, dopo essersi staccato, precipita nel fiume e rotola a valle schiantandosi contro una diga.
"Il numero effettivo delle vittime non è ancora confermato", ha comunicato Om Prakash, segretario capo dello Stato dell'Uttarakhand.
Il governo federale ha mobilitato l'aeronautica militare per le operazioni di soccorso.
Un testimone racconta di aver visto un muro di polvere, roccia e acqua mentre una valanga scendeva lungo una valle del fiume. "È successo tutto molto velocemente, non c'era tempo per allertare nessuno", dice Sanjay Singh Rana, che vive nella parte alta di Raini village, "temevo che anche noi saremmo stati spazzati via".
"Non abbiamo idea di quante persone siano scomparse", ha detto il testimone. I filmati condivisi dalla gente del posto mostrano l'acqua che porta via parti della diga e qualsiasi altra cosa sul suo percorso.
Lo Stato di Uttarakhand sull'Himalaya è spesso soggetto a inondazioni improvvise e smottamenti. Al giugno 2013, precipitazioni record hanno causato alluvioni devastanti che hanno causato quasi 6.000 vittime, in un disastro soprannominato dai giornali “lo tsunami himalayano”.
Uno studio pubblicato nel 2019 avvertiva che i ghiacciai himalayani si stanno sciogliendo due volte più velocemente dall'inizio di questo secolo a causa dei cambiamenti climatici.
Lo studio, basato su 40 anni di osservazioni satellitari in India, Cina, Nepal e Bhutan, indica che il cambiamento climatico sta mangiando i ghiacciai dell'Himalaya.
I ghiacciai potrebbero aver perso fino a un quarto della loro enorme massa negli ultimi quattro decenni.
I dati indicano che lo scioglimento è coerente nel tempo e nello spazio e che la colpa è dell'aumento delle temperature.
Le nazioni asiatiche stanno bruciando carichi sempre maggiori di combustibili fossili e biomasse, inviando fuliggine nel cielo. Gran parte di essa alla fine atterra sulle superfici dei ghiacciai innevati, assorbendo l'energia solare e accelerando lo scioglimento.
Circa 800 milioni di persone dipendono in parte dal deflusso stagionale dai ghiacciai himalayani per l'irrigazione, l'energia idroelettrica e l'acqua potabile.
Copenaghen, 2 Febbraio 2021
L'innalzamento del livello del mare sarà più veloce e maggiore di quanto si pensasse in precedenza.
I ricercatori dell'Istituto Niels Bohr dell'Università di Copenaghen parlano di un "un test di verifica della realtà", ritengono che i livelli potrebbero salire fino a 1,35 metri entro il 2100, nello scenario peggiore.
"Non c'erano praticamente dati sul tasso di scioglimento per l'Antartide prima delle osservazioni satellitari negli anni '90", dice Aslak Grinsted, professore associato presso il Niels Bohr Institute, "oggi abbiamo dati storici migliori che consentono un test del puzzle combinato di modelli".
Bruxelles, 08 Gennaio 2021
Il 2020 è stato l'anno più caldo mai registrato, a pari merito con il 2016.
Lo ha annunciato Copernicus Climate Change Service, il programma di osservazione della terra dell'Unione Europea.
Il 2020 ha fatto registrare 1,25 gradi centigradi in più rispetto al periodo preindustriale, proprio come avvenne quattro anni fa.
Secondo gli scienziati del Goddard Institute for Space Studies (GISS) di New York, si sta pericolosamente avvicinando a 1,5° C, il limite fissato per evitare gli impatti peggiori.
"Gli ultimi sette anni sono stati i sette anni più caldi mai registrati", dice il direttore del GISS Gavin Schmidt, "ma i record continueranno ad essere battuti".
New Jersey, 27 Gennaio 2021
La Terra è più calda di quanto non sia stata in almeno 12.000 anni, e forse anche negli ultimi 128.000 anni, secondo uno studio della Rutgers University.
Il mistero noto come "l'enigma della temperatura dell'Olocene" , un'epoca che descrive gli ultimi 11.700 anni della storia del nostro pianeta, "getta dubbi sull'efficacia degli attuali modelli climatici per prevedere con precisione il nostro futuro", dice Samantha Bova, che ha partecipto alla ricerca.
L’enigma consiste nella discrepanza riscontrata tra le temperature estratte dai sedimenti, che indicano una certa stabilità delle temperature, e i modelli che invece indicano una graduale crescita delle temperature durante tutto l’Olocene in seguito al costante ritiro delle calotte polari e all’aumento delle concentrazioni di gas serra.
"Le temperature medie annuali dell'Olocene sono aumentate costantemente", dice Bova, "fino a raggiungere oggi un territorio inesplorato che non è mai stato osservato negli ultimi 128.000 anni".
A68a si è diviso in due e potrebbe essere in agonia, rimanendo una minaccia per l'ecosistema circostante.
"Questo iceberg ha le dimensioni di una grande isola e i torrenti di acqua dolce molto fredda che produce mentre si scioglie hanno effetti davvero negativi sul fitoplancton nelle acque al largo della Georgia del Sud, può influenzare la catena alimentare oceanica", dice Povl Abrahamsen, il capo scienziato della spedizione ASPIRE: The Amundsen Sea Polynya International Research Expedition, "l'equilibrio degli ecosistemi in queste regioni fredde è molto delicato".
A68a è uno dei più grandi iceberg mai identificati dagli scienziati. Quando si è liberato dalla piattaforma di ghiaccio Larsen C in Antartide nel 2017, aveva una superficie di 5.800 km quadrati ed era il doppio del Lussemburgo. I ricercatori ritengono che pesasse circa un trilione di tonnellate.
Per i primi tre anni della sua esistenza, A68a ha galleggiato vicino alla costa della penisola antartica. All'inizio dell'anno scorso si è spostato verso nord in acque aperte e ha iniziato a spirale lentamente in senso orario verso la Georgia del sud.
Da quando ha iniziato la sua odissea oceanica, A68a ha perso circa la metà della sua superficie e circa due terzi del suo volume originale. "È ancora circa due terzi delle dimensioni della Georgia del Sud", dice Abrahamsen.
25 Gennaio 2021
La velocità con cui il ghiaccio sta scomparendo in tutto il pianeta sta accelerando.
Tra il 1994 e il 2017 la Terra ha perso in totale 28 trilioni di tonnellate di ghiaccio.
Lo studio "Earth’s Ice Imbalance", condotto da esperti dell'Università di Leeds, dell'Università di Edimburgo e dell'University College di Londra, ha analizzato i dati satellitari degli ultimi 23 anni.
"Il tasso di perdita di ghiaccio dalla Terra è aumentato notevolmente negli ultimi tre decenni - dice Thomas Slater - da 0,9 negli anni '90 a 1,3 trilioni di tonnellate all'anno nel 2017. Lo scioglimento contribuisce a innalzare il livello del mare, aumentando il rischio di inondazioni per le comunità costiere e per gli habitat naturali da cui dipende la fauna selvatica".
Il team, finanziato dal Natural Environment Research Council del Regno Unito, ha rilevato un aumento del 65 per cento del tasso di perdita di ghiaccio, dovuto principalmente al forte aumento delle perdite dalle calotte polari in Antartide e Groenlandia, rispettivamente 7,6 e 6,5 trilioni di tonnellate di ghiaccio".
Il tasso di perdita è ora in linea con gli scenari peggiori dell'Intergovernmental Panel on Climate Change, la principale autorità mondiale sul clima.
Flagstaff, Arizona, 16 Gennaio 2021
La capacità della Terra di assorbire quasi un terzo delle emissioni di carbonio causate dall'uomo attraverso le piante sarà dimezzata, entro i prossimi due decenni, all'attuale tasso di riscaldamento.
Lo studio condotto da ricercatori della Northern Arizona University, del Woodwell Climate Research Center e dell'Università di Waikato, Nuova Zelanda, ha identificato un punto critico di temperatura oltre il quale la capacità delle piante di catturare e immagazzinare il carbonio atmosferico subirà un drastico rallentamento.
La biosfera terrestre - l'attività delle piante terrestri e dei microbi del suolo - fa parte del "gran respiro" della Terra, che scambia anidride carbonica e ossigeno. Gli ecosistemi di tutto il mondo assorbono l'anidride carbonica attraverso la fotosintesi e la rilasciano nell'atmosfera attraverso la respirazione di microbi e piante.
I ricercatori hanno scoperto che i picchi di temperatura per l'assorbimento del carbonio sono già stati superati in natura. Ciò significa che il riscaldamento globale causerà il declino della fotosintesi accelerando il cambiamento climatico.
All'attuale tasso di emissioni, le foreste pluviali tropicali in Amazzonia, nel sud-est asiatico, nel Taiga in Russia e Canada saranno le prime a raggiungere il punto critico.
Gli scienziati si aspettano circa 1 metro di innalzamento del livello del mare entro la fine del secolo, che metterà in pericolo 150 milioni di persone in tutto il mondo.
Attualmente, il 30% delle emissioni di carbonio viene assorbito dagli oceani, limitando l'effetto del riscaldamento dovuto alla combustione di fossili.
Gli oceani coprono il 71% del pianeta e l'acqua può assorbire migliaia di volte più calore dell'aria, motivo per cui il 93% del riscaldamento globale è assorbito dai mari. Ma anche le temperature dell'aria superficiale, che colpiscono le persone in modo più diretto, sono aumentate nel 2020 fino al livello più alto mai registrato.
I blocchi a livello mondiale contro la pandemia di coronavirus ,nel 2020 hanno ridotto le emissioni di carbonio di circa il 7%. Anche se questo è stato un calo record, non è stato "nemmeno un blip" in termini di CO2 totale nell'atmosfera e non ha avuto alcun effetto misurabile sul riscaldamento dell'oceano.
"Il fatto che gli oceani abbiano raggiunto un altro nuovo livello record di calore nel 2020, nonostante il calo record delle emissioni globali di carbonio, conferma il fatto che il pianeta continuerà a riscaldarsi fintanto che emettiamo carbonio nell'atmosfera", dice il prof. Michael Mann, della Penn State University.
20 Gennaio 2021
Decine di migliaia di abitanti delle città europee muoiono prematuramente ogni anno a causa dell'inquinamento atmosferico.
Lo studio, pubblicato su The Lancet Planetary Health, ha analizzato il rischio derivante dall'esposizione al biossido di azoto, un gas velenoso contenuto negli scarichi delle auto, e al particolato fine, che può includere fumo, polvere e cenere.
Secondo i calcoli, ogni anno si potrebbero evitare 51.000 morti premature dovute al particolato fine e 900 a causa del biossido di azoto se le città riducessero gli inquinanti ai livelli raccomandati dall'Organizzazione Mondiale della Sanità.
Madrid è in cima alla classifica del biossido di azoto, seguita da Anversa, Torino, Parigi e Milano.
Le città della Pianura Padana, della Polonia meridionale e della Repubblica Ceca orientale sono a più alto rischio di morte a causa del particolato fine, che proviene da una più ampia gamma di attività tra cui l'industria, il riscaldamento domestico e gli incendi a carbone.
"Pochissime persone sono consapevoli dell'enorme impatto che l'inquinmento ha sulla salute", afferma Matt Whitney del Clean Air Fund.
9 Febbraio 2021
L'inquinamento atmosferico causato dalla combustione di fossili come carbone e petrolio è stato responsabile di 8,7 milioni di morti a livello globale nel 2018, una su cinque.
Parti della Cina, dell'India, dell'Europa e degli Stati Uniti nordorientali sono tra le zone più colpite
L'enorme numero di vittime ha sorpreso anche i ricercatori. Eloise Marais, geografa all'University College di Londra e coautrice dello studio, dice: "È pervasivo. Più cerchiamo gli impatti, più ne troviamo".
Senza le emissioni di combustibili fossili, l'aspettativa di vita media della popolazione mondiale aumenterebbe di oltre un anno, mentre i costi economici e sanitari globali diminuirebbero di circa 2,9 trilioni di dollari.
La nuova ricerca ha analizzato l'impatto del particolato noto come PM2,5, costituito lda particelle con un diametro inferiore a 2,5 micrometri, circa 30 volte inferiore al diametro di un capello umano medio. Questi minuscoli granelli, una volta inalati, si depositano nei polmoni e possono causare gravi problemi.
I ricercatori hanno utilizzato un modello 3D globale della chimica atmosferica supervisionato dalla Nasa
Il bilancio delle vittime delineato nello studio potrebbe anche essere una sottostima del quadro reale.
Nonostante ciò le società mondiali di combustibili fossili di proprietà statale sono pronte a investire circa 1,9 trilioni di dollari (1,4 trilioni di sterline) nel prossimo decennio in progetti che distruggerebbero qualsiasi prospettiva di raggiungere gli obiettivi climatici dell'accordo di Parigi.
I prezzi del petrolio sono crollati lo scorso anno a circa 40 dollari durante la pandemia Covid-19 e i blocchi, ma da allora hanno recuperato terreno a circa 60 dollari al barile
David Manley, analista economico senior, ha dichiarato: “Gran parte dell'industria petrolifera vuole un'ultima festa".
Parigi, 03 Febbraio 2021
Lo Stato non ha agito contro il riscaldamento climatico, non rispettando gli impegni presi con l'Accordo di Parigi sul clima del 2015.
Con questa motivazione il Tribunale Amministrativo di Parigi ha condannato la Francia a una multa - simbolica - di un euro.
Nel verdetto si legge che "lo Stato è ritenuto responsabile di una inazione". È la prima volta che accade. Gli ambientalisti parlano di "sentenza storica".
Da oggi, l'inazione sarà ritenuta "illegale".
"Il governo adotti misure rapide e forti per ridurre le emissioni di CO2", ha detto la portavoce di Greenpeace.
L'Aia, 28 Gennaio 2021
Un verdetto storico: Shell Nigeria dovrà risarcire gli agricoltori nigeriani le cui terre furono danneggiate dalle fuoriuscite di greggio nel Delta del Niger.
Lo ha stabilito la Corte d’Appello dell’Aia, chiamata a decidere sula causa intentata da quattro contadini nigeriani e da Milieudefensie, la filiale olandese dell’ong Friends of the Earth.
Secondo il tribunale, la società madre Royal Dutch Shell aveva il dovere di assicurarsi che fosse installato un sistema di rilevamento delle perdite.
“Finalmente un po’ di giustizia per il popolo nigeriano che soffre le conseguenze del petrolio della Shell – ha affermato Eric Dooh, uno dei querelanti nigeriani – è una vittoria agrodolce, poiché due di noi, compreso mio padre, non sono vissuti abbastanza per vedere la fine di questo processo”.
Donald Pols, direttore di Milieudefensie/Friends of the Earth Netherlands: “Le vittime dell’inquinamento ambientale, dell’accaparramento di terre o dello sfruttamento ora hanno maggiori possibilità vincere una battaglia legale contro le aziende coinvolte. Le persone nei paesi in via di sviluppo non sono più prive di diritti di fronte alle multinazionali”.
Per decenni, milioni di persone che vivono nel Delta del Niger hanno subito le conseguenze dell’inquinamento da petrolio su larga scala. L’aspettativa di vita nel Delta è di 10 anni inferiore a quella del resto della Nigeria.
Il delta del Niger rimane fortemente inquinato. Le fuoriuscite di petrolio sono all’ordine del giorno.
Nueva Loja, Ecuador
Nel territorio di Cofan vicino al confine colombiano, l'area di Lago Agrio è ricca di petrolio.
In quest'area si è registrata la più grande fuoriuscita di sostanze tossiche della storia.
Almeno 18 miliardi di galloni statunitensi (68 miliardi di litri) di rifiuti tossici e 17 milioni di galloni di petrolio greggio sono stati scaricati dalla Texaco sul delicato suolo della foresta pluviale amazzonica ecuadoriana, in un'area di 4.400 chilometri quadrati (1.700 miglia quadrate).
Nel 1993, i residenti locali hanno avviato una class action per costringere l'ex gestore del pozzo Texaco (acquisito dalla Chevron Corporation nel 2001) a ripulire l'area e provvedere alle cure dei 30.000 abitanti colpiti dalla contaminazione da petrolio.
Chevron ha ammesso i danni causati tra il 1964 e il 1992.
Nel febbraio 2011, un tribunale ecuadoriano ha ordinato alla Chevron di pagare 8 miliardi di dollari di risarcimento. Il verdetto è stato successivamente confermato dalla Corte Suprema dell'Ecuador nel 2013, con l'importo fissato a 9,5 miliardi di dollari.
Ma Chevron-Texaco si è sempre rifiutata di pagare.
Nel 2018, un tribunale arbitrale con base all’Aia ha chiesto di annullare la sentenza contro la multinazionale, affermando che l’Ecuador ha violato il Trattato di investimenti bilaterale con gli Stati Uniti.
Pablo Fajardo, avvocato principale dell’Udapt (l’Unione delle persone colpite dalle operazioni petrolifere di Texaco), 46 anni, di cui 26 passati a lottare contro Chevron-Texaco, continua a battersi per l’adozione di un trattato internazionale vincolante, che permetta di sanzionare le multinazionali che non rispettano l’ambiente e i diritti umani.
I rifiuti tossici scaricati da Texaco superano di circa 85 volte la fuoriuscita di petrolio Deepwater Horizon della BP nel Golfo del Messico nel 2010.
La "Chernobyl dell'Amazzonia" ancora oggi influisce sulla salute delle persone. I tassi di cancro sono più alti tra le popolazioni indigene che vivevano vicino ai siti petroliferi, vicino ai pozzi dove venivano scaricati i rifiuti e all'interno di blocchi petroliferi.
"Quello che è considerato il miglior modello climatico attualmente disponibile per il trattamento dell'effetto serra prevede che un raddoppio della concentrazione di C02 nell'atmosfera produrrebbe un aumento medio della temperatura da circa 2 ° C a 3 ° C sulla maggior parte della Terra".
Lo scienziato della Exxon Corporation James Black avverte i dirigenti dell' "effetto della CO2 su scala interglaciale".
La Exxon Mobil Corporation, o anche in forma abbreviata ExxonMobil, è una delle principali compagnie petrolifere statunitensi di importanza mondiale ed opera sul mercato europeo col marchio Esso. È il risultato della fusione tra Exxon e Mobil, effettuata il 30 novembre del 1999.
Nel 2005 ha avuto profitti per 36,13 miliardi di dollari (un primato per una società quotata), poco meno del Prodotto interno lordo dell'Azerbaigian, mentre il suo fatturato supera per 30,5 miliardi di dollari il PIL dell'Arabia Saudita.
Exxon sapeva che il suo prodotto principale avrebbe riscaldato il pianeta in modo disastroso. Ciò non ha impedito all'azienda di passare decenni ad aiutare a organizzare le campagne di disinformazione e negazione che hanno rallentato, forse fatalmente, la risposta al riscaldamento globale.
Exxon non solo sapeva del cambiamento climatico, ha anche condotto molte ricerche. Negli anni Settanta e Ottanta l'azienda ha impiegato i migliori scienziati lavorando fianco a fianco con i ricercatori universitari e il Dipartimento dell'Energia.
Washington, D.C., 23 Luglio 1988
Il climatologo della NASA James Hansen si presenta al Senato degli Stati Uniti per parlare delle sue scoperte ai membri dello United States Senate Committee on Energy and Natural Resources.
"Il riscaldamento globale ha raggiunto un livello tale che possiamo attribuire con un alto grado di fiducia una relazione di causa ed effetto tra l'effetto serra e il riscaldamento osservato... Sta già accadendo ora".
"L'effetto serra è stato rilevato e ora sta cambiando il nostro clima".
La NASA era sicura al 99% che il riscaldamento fosse causato dall'accumulo di gas serra nell'atmosfera e non da una fluttuazione casuale.
Hansen è particolarmente critico nei confronti dell'industria del carbone, afferma che il carbone contribuisce alla maggior percentuale di anidride carbonica antropica nell'atmosfera.
Conclude: "Il riscaldamento globale sarà evidente entro i prossimi decenni e si tradurrà in temperature almeno pari a quelle dell'Eemiano. Se la temperatura salirà di 0,4° C sopra la media 1950-1980 per alcuni anni, sarà la 'pistola fumante"'che indicherà il riscaldamento globale causato dall'uomo".
"Fermare il riscaldamento globale richiederà importanti riduzioni nella combustione dei combustibili fossili".
Pechino, 15th World Petroleum Congress, 13 Ottobre 1997
Lee Raymond, CEO della Exxon nel 1993, un alto dirigente per tutto il decennio in cui Exxon studiava le scienze del clima tiene un discorso chiave davanti un gruppo di leader cinesi e dirigenti dell'industria petrolifera, alla vigilia dei negoziati sul trattato di Kyoto.
Dice loro che "il globo si sta raffreddando" e che "l'azione del governo per limitare le emissioni di carbonio sfida il buon senso".
TO BE CONTINUED
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